Il dolore, il sorriso e la Città dell’Utopia

Attori sospesi in volo davanti l'antica Pieve di Campomaggiore vecchia


A prima vista qualcuno si chiederà cosa c’entri uno spettacolo in un borgo abbandonato della Basilicata, (Campomaggiore vecchio) le storie dei bambini e dei ragazzi (e anche meno giovani) che affrontano il lungo e impegnativo percorso onco-ematologico. Non è facile riportare le sensazioni, le riflessioni e le emozioni che mi sono passate dentro quando l’ho visto e, mentre ascoltavo la storia affascinante che veniva raccontata, mi scorrevano nella mente il percorso fatto all’ospedale con mio figlio, i ragazzi incontrati in questi anni, quelli che ho visto “rinascere” e quelli che non ci sono più. E' qualcosa di splendidamente magico e bello, oltre che doloroso, dove “ogni pietra racconta una storia ma quella pietra ne racconta una speciale... la storia di un sogno... un'utopia... la città dell'utopia”. Chi ne ha la possibilità vada a vederlo anche se è lontano: la metafora del sogno per superare il dolore e costruire qualcosa di nuovo non è poi così distante da quella del sorriso per combattere, superare o alleviare certi percorsi di dolore.... Nello spettacolo si racconta del progetto affascinante ed innovativo del conte Teodoro Rendina che con l’aiuto dell’architetto Patturelli crea un borgo, Campomaggiore, dove si sperimenta e si attua una nuova convivenza con la popolazione ed i contadini del luogo, portando a splendore nel giro di 140 anni questo luogo fino al 9 febbraio 1885 quando un movimento franoso distrusse il paese. La storia parte dal ritorno di un soldato che tornato dalla guerra scopre il disastro e viene a conoscenza della morte della moglie: da questo dolore intollerabile inizia il suo incubo che, con l’aiuto di un prete, caparbiamente rimasto nel paese distrutto, del conte stesso e di personaggi fantastici come la Sibilla, Orbis, la Luna, la sposa, si trasforma in sogno e nuova vita. Tutto questo viene raccontato attraverso la poesia fatta dalla scenografia naturale dei ruderi, dalle luci che accompagnano le emozioni ed i simboli del sogno, gli attori ed i ballerini-acrobati che passano con naturalezza dal danzare sul palco a volteggiare per l’aria sopra i ruderi stessi. Quando la moglie in sogno invita il soldato amato a superare il dolore (la guerra, la sua perdita, il paese distrutto…) in modo da uscire dall’incubo e far sì che questo non lo paralizzi ma venga trasformato in una forza ancora più grande, il soldato prende coscienza che il dolore gli ha “regalato” la possibilità di leggere e capire quello che accade agli altri e lui può trasformare tutto questo in qualcosa di ancora più grande, a partire dai bambini rimasti. E’ così che non ho potuto non pensare al percorso che molti di noi hanno fatto nell’incontro con la malattia, vedere un figlio ridotto quasi una larva, vederlo rifiorire, a volte riperderlo di nuovo dopo aver combattuto tanto. Ecco, il senso di questo suggestivo spettacolo mi sembra molto vicino a questo percorso che ci siamo trovati ad intraprendere con i bambini ed i loro genitori, a quello che tante persone “qualunque” affrontano regalando poi agli altri qualcosa si ancora più grande del dolore che hanno incontrato. 

Nello spettacolo, come nella vita e in queste dolorose esperienze, la solidarietà, il sogno, il sorriso) possono diventare la forza più grande per affrontare il percorso del dolore e trasformarlo in un “sogno reale” ancora più grande: “forse l’utopia è connaturata al sogno, è qualcosa che cammina sulle gambe dei puri”. Le parole dette in sogno dalla sposa al proprio amato possiamo farle nostre nei percorsi intrecciati nel dolore, il sorriso, lo sconforto e la forza di volontà: “Tu hai una luce speciale… tu hai conosciuto il dolore. Il dolore profondo… ora però dovrai guarire dal tuo dolore. Ognuno di noi ha un suo mondo tanto più profondo quanto più riesce a capire che quello degli altri è simile al suo, proviamo allo stesso modo la gioia ed il sorriso, il dolore ed il pianto… devi seguire la tua strada... quella tra un milione di strade possibili. Se non senti di doverla seguire non sei obbligato a farlo, ma non abbandonarla per paura, non percorrerla ostinatamente solo per ambizione, perché tutte le strade sono uguali, non conducono in nessun posto se non si percorrono con il cuore… qualunque cosa accada, il nostro sogno è qui"

Attori davanti l'antica Pieve di Campomaggiore vecchia


Forse la nostra libertà è limitata, ma non tanto da impedirci di scegliere fra due strade: la possibilità di vivere per niente o di essere disposti a vivere o morire per qualcosa. Ogni pietra racconta una storia, ma quella pietra (quando la moglie gli indica la pietra del loro incontro che si illumina) ne racconta una speciale: la storia di un sogno, di un'utopia, La Città dell'Utopia. 

"Ora sei pronto...ora potranno tornare... loro ti aiuteranno, fidati di loro, sono i guerrieri del nuovo mondo (i bambini)”


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