La sedia di Vittorio

La sedia di Vittorio

Vorrei parlarti,
vorrei entrare di nuovo da quella serratura
e sentirmi accolto come dal primo momento,
io, accatastatore di parole,
piacevolmente perso nell’abbraccio
delle tue idee,
del tuo affetto,
della tua intelligenza.

Poche volte, come con te,
ho sentito superato
il muro della differenza,
la conta del denaro,
il tempo della reciproca conoscenza.
Poche volte, come con te,
ho potuto condividere
la centralità del pensiero,
della fantasia,
della volontà del fare:
dopo un solo minuto
mi sono sentito e ritrovato amico di vecchia data.

Tutta Firenze dovrebbe essere a lutto,
il mondo dovrebbe fermarsi
dal correre a vuoto
per conoscerti
anche solo attraverso
il nostro vivo ricordo.
Ma noi, amico mio,
possiamo solo proteggere
e condividere
questa lacrima
sul sorriso
di chi è  consapevole
del dono di averti incontrato,
del privilegio  di aver condiviso
il tuo abbraccio,
il tuo vivido pensare,
la tua timida e rispettosa decisione
di chi non conosceva compressi
nell’etica che annoda cuore e pensiero….

E’ facile dire
“una persona come te sarà sempre in mezzo a noi”,
è vero,
ma ci manchi ugualmente,
consci che si è arricchito tantissimo il posto dove sei andato,
qualunque esso sia,
purché ti rassomigli,
ma hai lasciato un grande vuoto
qui tra noi.

Vorrei solo sedermi
ancora una volta nel giardino,
passaggio fra le lettere dei tuoi libri
e le espressioni delle maschere
e lasciarmi trasportare
dalle tue parole
senza temere che il sole
si nasconda dietro il muro delle case.


Paolo, 17 ottobre 2013

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