Gli esami di napoletano non finiscono mai.....
Mi preparo e aspetto l’arrivo di Arancina per iniziare il
turno con una coppia ormai collaudata e affiatata.
In sala prelievi ci dividiamo nell’interazione con diverse
persone e coppie. Ci troviamo a giocare con un bambino che accompagnava la
mamma a fare il prelievo e che ritroveremo anche successivamente passando dal
bar, poi ci fermiamo con una famiglia
con 2 bambini di cui una bambina celiaca
molto terrorizzata dal prelievo che deve spesso fare per il controllo: allora
un po’ di bolle, un po’ di giochi, il furetto Johnny che disturba un po’, qualche
piccolo balocco in regalo e la accompagnano in sala prelievi un po’ più serena
e con qualche sorriso sotto la smorfia di paura dell’ago. Arancina non può
esimersi da qualche ballo greco e valzer, alla fine coadiuvata da una delle
addette alla prenotazione delle analisi. Soprattutto gli anziani si distraggono
e si divertono al suono della musica e nel seguire i nostri goffi interventi.
Qualche ringraziamento, anche qualche tentativo di donazione di spiccioli.
Nel cammino verso la dialisi ci soffermiamo con qualche persona
e bambino del bar e soprattutto in sala di aspetto cardiologia troviamo molte
famiglie con diversi bambini e non possiamo non soffermarci. Qui utilizziamo
soprattutto la magia per coinvolgere i bambini e attraverso loro altri più
restii. In effetti è difficile andar via con il clima che si è creato ma non
possiamo rubare troppo tempo ai reparti che aspettano.
In dialisi bello vedere G. che sta meglio dell’ultima volta
e con lui ci soffermiamo a esaudire le richieste canore, cercando di non disturbare
gli altri e facendo attenzione a superare l’esame di napoletano di una signora del
letto di fronte a G.: alla fine riusciremo a prendere la sufficienza e veniamo ingaggiati
anche sul repertorio tipico fiorentino.
Un po’ di saluti e ci dirigiamo nell’altra stanza dove R. ci sembra un
po’ più triste dopo la morte di Cateno. Qualcuno ricorda anche il burbero P.
che se ne è andato da poco e anche a noi fa impressione e un po’ di commozione
non rivederlo nel suo letto con le sue strigliate che finivano spesso in una
bella partecipazione.
Il tempo corre, ogni reparto e ogni punto dell’ospedale meriterebbe
maggior tempo e attenzione ma cerchiamo di avere il massimo equilibrio e
attenzione possibile nel limite dei vincoli temporali. Così ci dirigiamo verso
psichiatria dove all’entrata Serena ci ragguaglia sulla situazione che
incontreremo, dove cercare di lavorare di più e una persona che sarà bene
lasciare fare. Fatto fermo che noi dobbiamo sempre avere il massimo ascolto per
la situazione e il tipo di intervento da fare, sarebbe utile che questo
accadesse sempre, per fare meno errori ed essere sempre più efficaci e in appoggio al lavoro svolto dal reparto.
In realtà succede una cosa molto strana , che non accade spesso:
quasi tutti i pazienti ci seguono in terrazzo a parlare e cantare soprattutto.
C’è una buona partecipazione e anche A. che in giornata avrebbe rivisto il
figlio dopo tanto resta tutto il tempo senza dare segni di insofferenza.
Notiamo che si crea qualche gelosia ma il canto e poi qualche magia ci permette
di creare delle belle relazioni e vedere affiorare alcune parti sane dei
pazienti. Ci soffermiamo un po’ all’inizio del pranzo, ma visto che una persona
vuole la massima tranquillità ci dirigiamo verso l’uscita.
Ancora una volta Serena ci ferma e ci chiede se possiamo
fare qualcosa per rendere ancora più bello e particolare l’incontro di A. con
il figlio e allora la aspettiamo, le lasciamo qualche balocco per lui, le facciamo
dei palloncini e gli insegniamo anche un po’ a maneggiarli e modificarli. A.
sembra molto contenta e un po’ orgogliosa di questo e noi ci auguriamo che l’incontro
vada al meglio.
Domani Ospedale aperto, ci avviamo canticchiando verso gli
armadietti, pieni di quel poco che abbiamo saputo e potuto fare.
Pasticca
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