Mi basta la mano....
Ci fa paura il diverso, il disagio, "tanto poi mi imbrogliano e così mi inguaio per nulla". Preferiamo restare nelle nostre stanze quotidiane, nelle nostre "monadi" che non comunicano fra loro, nella realtà virtuale dei reel, emoticons, dove possiamo travestirci da belli, bravi e impegnati, invece di sporcarci le mani con il mondo reale e cercare di cambiare in primis il nostro.
Poi andiamo dove le persone e i bambini non hanno nulla, manca l'acqua, il cibo, il necessario per studiare e curarsi, si cammina e si corre a piedi nudi sui sassi, si dorme sotto una lamiera dove passa il freddo, il caldo e la sabbia ma le persone sono accoglienti, sorridono e condividono quanto hanno.
Nel recente viaggio di circa 3 settimane nei campi profughi Saharawi abbiamo potuto re-incontrare questa gente che da 40 anni, per le mancanze e le colpe del mondo occidentale, vive ancora senza niente, nella parte più inospitale del deserto.
In altre occasioni ho cercato di descrivere questi viaggi, gli incontri, i progetti. Questa volta voglio rimarcare, fra le tante cose che mi porto a casa, la mano o l'abbraccio di quei bambini che potevano assalirti per chiedere soldi, caramelle, giochi e invece ti chiedevano solo di tenerli per mano e semmai giocare con loro. Quella mano che non chiedeva nient'altro, non cercava di approfittarsi di te per "spillarti" qualcosa se non un momento di affetto e di vicinanza.
Questa è la tenerezza che ci portiamo a casa con noi, assieme ai sorrisi, per sempre. Per questo diciamo che non siamo noi a dare a loro, ma loro che donano a noi o, comunque, è molto più quello che riceviamo di quello che diamo.
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