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Il fine e il mezzo

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.   Il fine e il mezzo Una metafora   che accompagna questi anni della mia vita, è la distinzione fra gli obiettivi dei nostri pensieri e delle nostre azioni rispetto agli strumenti che dobbiamo adottare per raggiungerli, siano essi materiali che immateriali. Il nostro tempo spesso rovescia questa metafora e questa relazione anteponendo lo strumento al fine. Lo spunto mi venne da una lettura di Ghandi che in un passaggio affermava: “tra il fine e il mezzo esiste lo stesso rapporto che c’è fra il seme e l’albero: l’albero è il fine, il   seme il mezzo” .   Il suggerimento era quello di non confonderli, cosa che invece facciamo abitualmente soprattutto nella nostra società moderna:   la politica auto-referenziata e non come strumento di servizio per   il cittadino, la tecnologia, il cellulare, il palmare, il computer, internet, …. non come strumenti   per vivere e lavorare meglio, comunicare più efficacemente,   ma come fine in se, come status symbol, come gara a seguire l’ultima mod

Campi Profughi Saharawi 2017

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Eccomi qua. Riemergo dopo 2 giorni di quasi silenzio, dopo un pieno di emozioni e di impegni frenetici, di stanchezza, di incontri, di nuovi semi e di piccole piantine che ritrovi germogliate dopo 2 anni di missioni nei campi profughi Saharawi. Un silenzio complice lo smartphone out e un po’ i disturbi normali per delle giornate così intense e un tipo di vita a cui non siamo troppo abituati. Prima di tutto vorrei ringraziare i compagni di viaggio, a partire da chi ha permesso e organizzato questa avventura (qualcuno pensa che sia una cosa facile mettere assieme gruppi diversi con progetti diversi?); poi da chi mi ha aiutato e supportato nel portare con noi i quasi 1.700€ di materiale per il corso clown (senza dimenticare chi ha contribuito economicamente a mettere assieme questa cifra), mettendo a disposizione le valige necessarie al trasporto, non sarebbe stato possibile svolgere tutte le attività senza tutto questo materiale. Un pensiero e un ringraziamento a tutti, a chi si è dedica

Campi profughi Saharawi 2017 - Progetto clown per i bambini delle scuole

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Eccomi qua. Riemergo dopo 2 giorni di quasi silenzio, dopo un pieno di emozioni e di impegni frenetici, di stanchezza, di incontri, di nuovi semi e di piccole piantine che ritrovi germogliate dopo 2 anni di missioni nei campi profughi Saharawi. Un silenzio complice lo smartphone out e un po’ i disturbi normali per delle giornate così intense e un tipo di vita a cui non siamo troppo abituati. Prima di tutto vorrei ringraziare i compagni di viaggio, a partire da chi ha permesso e organizzato questa avventura (qualcuno pensa che sia una cosa facile mettere assieme gruppi diversi con progetti diversi?); poi da chi mi ha aiutato e supportato nel portare con noi i quasi 1.700€ di materiale per il corso clown (senza dimenticare chi ha contribuito economicamente a mettere assieme questa cifra), mettendo a disposizione le valige necessarie al trasporto, non sarebbe stato possibile svolgere tutte le attività senza tutto questo materiale. Un pensiero e un ringraziamento a tutti, a chi si è ded

Quando morirò

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Quando morirò, se morirò, non mi infilate in una di quelle macchine lunghe, di lusso, tutte lucide: mi sentirei a disagio. Portatemi a spalla, su un carretto o con una macchina “normale” come ho sempre cercato di vivere e fare quello che desideravo, a volte anche fuori del coro, ma all'interno della normalità. D’altra parte accettare le regole, stare nelle regole per superarle è la scommessa di fondo del clown. Io sono stato solo un clown di buona volontà, niente di che, ma questo poco mi ha permesso di vivere grandi e vere emozioni, di strappare a volte qualche sorriso, qualche pensiero positivo e questo già non è poco. Anche una bella Ford Escort "da ROM" italianizzato come diceva Federico andrebbe bene. Se proprio diventasse troppo complicato, vada per quelle tristi Mercedes con porta bara motorizzato, ma per favore perlomeno sporcatele almeno le gomme con un po’ di fango e fate qualche disegno sui vetri. Non fate cose troppo appariscenti e alternative, nemm

Filastrocca tutti in fila

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Volti tristi e molto pensierosi, espressioni  intense, discorsi spesso silenziosi. Tutti  in fila, dalla coda fino in cima, tante mani mai sfiorate prima. Qualche amico mi ha ascoltato ed intona un po’ di note, qualche augusto che saltella e c’è chi corre sulle ruote. Una tromba lancia il suono tenue e intenso come un velo, un flauto e un organetto l’accompagnano nel cielo. Meno male che i bambini seguon dietro i nasi rossi e la gioia e il buon ricordo sopravanzano i commossi. Il sorriso è contagioso e le note un gran bel mezzo anche se la nostra vita per lo più è un intermezzo. A me dà gioia infinita che il ricordo in voi sia dolce, che qualcosa sia rimasto, dentro al cuore scritto in calce. Se non tutto può andar bene che si guardi alle intenzioni non è poco se con voi vi portate le emozioni. Io vi guardo da lontano e un sorriso già vi faccio, è un peccato che da qui non mi arrivi il vostro abbraccio: dai tornate ora a suonare fino

Resto a guardare

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Resto a guardare Eccomi qua, resto qui appoggiato al finestrino. Non so cosa succederà, non so so se sarà servito questo lungo peregrinare, il freddo, il caldo, la fatica....  ora mi fermo qua, aspetto, mi lascio trasportare e osservo: quando sarà il momento riprenderò il cammino.

“Meno male che fa uscire qualcosa”…

Saliamo per le scale con Caramella al suono di “Generale” con flauto e chitarra: sembra una sciocchezza ma la musica è anche un modo per “entrare”, comunicare con tutto l’ambiente e coinvolgerlo in modo naturale e diretto. In effetti molti ci guardano e ci sorridono, altri semplicemente rivolgono l’attenzione che fino ad allora davano solo al giornale e, ahimè, al telefono. Intoniamo un evergreen e molti iniziano a canticchiare…. Sguardi e sorrisi compiaciuti e poi l’istinto ci porta a soffermarci con una coppia che alla fine ci farà da tramite anche con gli altri. Parliamo di loro, di quello che facciamo noi, la loro storia,  il gioco ci aiuta a coinvolgere altre coppie e il furetto a un certo punto fa fare un sobbalzo a una signora che fino ad allora diceva “tanto è finto”!... buffo un signore che si avvicina solo alla fine ma per tutto il tempo ci segue sorridendo e partecipando con lo sguardo. Sono bastate poche parole e un palloncino rosa per far scendere anche una lacrima alla s

In un vortice di polvere gli altri.....

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Ciao a tutti !!!! Una sala prelievi molto affollata...oltre i nostri tanti anziani catturano l'attenzione due bambini che facevano compagnia alle mamme in attesa si prelievo....è sorprendente quanto riescano a comunicare e coinvolgere altre persone quando sono presi dal gioco e dal sorriso....siamo diventati i  cavalieri della Pace con una morbida spada blu mentre cantavamo canzoni anni 70 con una coppia molto coinvolta....purtroppo (o per fortuna non ho trovato ballerini per accompagnarmi nelle danze greche alle quali Pasticca ci costringe ahahah!!!). Dialisi molto assopita.....interagiamo con G. attraverso qualche gioco, canzoni e palloncini/fiore da regalare alla moglie, con M.e con S. con varie canzoni....  B. sempre un po' sottotono ma partecipa chiedendo se le do la mano.....grande e percepita assenza di R.....(" mi fai FABRIZIO??..." ). Canzoni e vari incontri ci accompagnano lungo i corridoi e al bar dove c'è sempre una calorosa accoglienza...

Turno solitario

Turno in solitaria. Primavera non stava bene, la mattina mi sono arrivati il suo messaggio e  la sua telefonata ed ho deciso di fare il turno ugualmente. Ho già detto come la penso, sull’importanza di essere in due a fare il turno, non tanto o non solo perché ci facciamo compagnia, ma perché il nostro lavoro si integra, si completa, ci spalleggiamo a vicenda come è nel ruolo dei clown in generale:  riusciamo a prenderci cura meglio delle persone, a rispondere alle loro richieste di attenzione, a sopportare meglio noi stessi le fatiche e le difficoltà grazie alla “spalla”, a diversificare il nostro intervento, anche con sensibilità e modalità diverse. Quindi massima attenzione a fare in modo che i turni possano svolgersi in due e, quando si crei una difficoltà, essere pronti a segnalarlo e a dare la nostra disponibilità per un cambio. In sala prelievi non ci sono moltissime persone e soprattutto non molte richieste di interloquire. Poi, senza le danze di Arancina, Caramella e Dora,

Mi fai Fabrizio?.......

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Le mani fredde  hanno il calore  di un camino acceso, ti danno l’abbraccio  negato dalla quotidianità. Lo sguardo, perso nella stanza, non impedisce l’incontro immediato e di riconoscerci ancor prima di chiedere “come stai Romano”? Un po’ di parole sui nostri giorni sospesi non sono altro che il ponte per distogliersi da quel giro di sangue e iniziare questo piccolo viaggio assieme fatto di parole,  silenzi  e qualche antica carezza… “Mi fai Fabrizio”?